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domenica 31 dicembre 2017

#SGUARDI POIETICI / Fine d'anno (Jorge Luis Borges)

Né la minuzia simbolica
di sostituire un tre con un due
né quella metafora inutile
che convoca un attimo che muore e un altro che sorge
né il compimento di un processo astronomico
sconcertano e scavano
l’altopiano di questa notte
e ci obbligano ad attendere
i dodici e irreparabili rintocchi.
La causa vera
è il sospetto generale e confuso
dell’enigma del Tempo;
è lo stupore davanti al miracolo
che malgrado gli infiniti azzardi,
che malgrado siamo
le gocce del fiume di Eraclito,
perduri qualcosa in noi:
immobile.


*** Jorge Luis BORGES, 1899-1986, scrittore, saggista, poeta, traduttore, accademico argentino, Fine d'anno, da Fervore di Buenos Aires, 1923, segnalato da 'il canto delle sirene', 31 dicembre 2011, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Jorge_Luis_Borges


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#CIT / Ci si abbraccia per (Alda Merini)

Alda MERINI, 1931-2009
poetessa, aforista, scrittrice

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#SGUARDI POIETICI / Prontuario per il brindisi di Capodanno (Erri De Luca)

Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.

*** Erri DE LUCA, scrittore, poeta, Prontuario per il brindisi di Capodanno, da L'ospite incallito, Einaudi, 2008


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#RACCONTId'AUTORE / Vita di coppia col botto finale (Diego De Silva)

Un'innovazione tecnologica che in un futuro non lontano porterà a una riforma radicale del matrimonio consisterà nell'installazione di un microchip in grado di monitorare l'attività sessuale delle coppie sposate che ne facciano richiesta. Appurata la sospensione dei rapporti intimi per un tempo imbarazzante come sintomo principe di una crisi coniugale in atto, la vigilanza digitale sul desiderio consentirà di accertare l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza senza avviare alcuna procedura, liberando di diritto i coniugi dal vincolo matrimoniale. Lo slogan ideato per la promozione del programma (dal nome Accuracy) sarà, infatti: "Matrimonio Felice non è più un ossimoro!", un richiamo alla manutenzione dell'amore coniugale (accuratezza, appunto) per superare la rovinosa tendenza all'incuria che, facendo del matrimonio un impiego pubblico, lo aveva condannato all'estinzione.

Il meccanismo di Accuracy è semplice: in caso d'interruzione dei rapporti sessuali per ventiquattro mesi più un giorno, il computer centrale cui il microchip è collegato immette in una banca dati dei matrimoni a rischio quello che ha superato il limite di accuratezza (Idt: Intercourse Default Threshold). La coppia matura così un bonus di fine rapporto (Severance Bonus) che fa venir meno l'obbligo di convivenza, e il matrimonio si prescrive in sei mesi, a meno che i coniugi riprendano ad accoppiarsi per almeno un trimestre, tenendo una media di due amplessi alla settimana.

È in questo scenario che Tonino Cinquemaggio si prepara ad affrontare il capodanno in piazza 2030. Quel poco che resta di questo 31 dicembre è tutto il tempo di cui dispone per fare di nuovo l'amore con sua moglie e scongiurare almeno il Severance Bonus, maledetto il giorno in cui ha accettato di aderire ad Accuracy. Del resto non è che Teresa gli avesse dato scelta: «O così o non ti sposo».

«Allora non mi vuoi bene?», aveva chiesto Tonino; e lei aveva detto che gli voleva bene sì, ma da quando aveva cinque anni aveva impressa negli occhi l'immagine di sua madre che stirava mentre il padre faceva zapping sul divano, e quella fine proprio non voleva farla.
- Oh - aveva detto allora Tonino - ma è possibile che ogni ragazza con cui esco ha un'immagine traumatica impressa negli occhi?
- E questo cosa vorrebbe dire? - aveva ribattuto Teresa.
- Niente, parlavo da solo - aveva risposto lui, e poi aveva detto che sì, gli mettessero pure quel microchip, bastava che lo sposasse, visto che l'amava proprio.

Cosa poi li avesse allontanati, non l'aveva mica capito. Però ricordava bene un pomeriggio di marzo, in cucina, in cui Teresa avrebbe voluto fare l'amore e lui proprio non voleva, e non solo non voleva ma non voleva neanche dirle che non voleva, avrebbe solo voluto che lei la smettesse d'insistere perché proprio non c'era verso che gli andasse, finché le aveva visto sulla bocca l'umiliazione del rifiuto, un dolore nuovo che azzerò la loro intimità con la forza di una riforma.

Fu lì che partì l'astinenza, che iniziarono ad allontanarsi di giorno in giorno pur sapendo che il tempo lavorava contro di loro. Due anni erano passati in un soffio, e ora lui faceva i conti con il protocollo di Accuracy, la sera di Capodanno per giunta, in una piazza stipata di gente accorsa per assistere gratis al concerto di un famoso cantante vestito come un cretino.

Chissà se anche Teresa aveva tenuto il conto, se come lui aveva quel peso sullo stomaco e lo dissimulava nella confusione della folla. In due anni, nessuno di loro aveva toccato l'argomento; e solo ora Tonino realizzava che il suo silenzio poteva essere interpretato da Teresa come l'intenzione di confidare nella reticenza di entrambi: una scoperta che, benché l'ipotesi valesse anche a parti invertite, a un tratto lo sgomentava. Al diavolo l'orgoglio: doveva parlarle, doveva proprio.

Così, mentre il cantante urlava al pubblico: «Siete bellissimi!», si avvicinò al viso di sua moglie e cominciò a canticchiarie anche lui una cosa, più o meno all'orecchio.

- Microchips, chips; dududu-dù... 
Lei s'irrigidì nella schiena.
- Microchips, chips: dududu-dù, ci bum, ci bum bum, - continuò senza guardarla.

Allora gli occhi di Teresa saettarono verso di lui.
- Spiritoso - fece.
- Quindi lo sai, che giorno è oggi - disse lui, solenne.
- L'ultimo dell'anno.
- Anche di noi due, mi sa. 
Lei rispose tacendo.

- Allora non ti era passato di mente - riprese Tonino.
- Nemmeno a te, pare.
- Allora perché non ne abbiamo parlato?
- È così che funziona il matrimonio, Toni. Le cose si guastano e tu le lasci li finché non è più colpa di nessuno. Non mi dire che non lo sai.
- Non è che affidarsi a un microchip sia questa grande alternativa.
- Io invece penso di sì.
- Ah, pure.
- Senza il microchip, adesso staremmo parlando, secondo te?
- Probabilmente no.
- Continueremmo a far finta di niente, lo sai. È il programma che ci ricorda come siamo messi.
- Più che ricordare, punisce.
- Non è così. Accuracy non ci obbliga a lasciarci. Ci risparmia la fatica, tutto qui.

«Su con le manii!», incitava il pubblico il cantante.

- Quindi ti va bene, che ci risparmiamo la fatica.
- Mi va bene non avere alibi.
- Bella consolazione.
- C'è un tempo per fare le cose. Il microchip che ci hanno messo dà solo la data di scadenza.

Tonino ingoiò un po' di saliva.
- Sei stata chiara - disse. Poi s'infilò le mani nelle tasche del giubbotto.
Il cantante saltò, e per un pelo non cadde. 
Teresa guardò suo marito che si mordeva le labbra.
- Guarda quel cretino, tra poco cadeva e sta ancora lì a tirarsela - disse.
Tonino non partecipò.
- Certo che è vestito proprio come un imbecille - infierì Teresa. - Ma c'è bisogno di combinarsi in quel modo per cantare due canzoni a Capodanno?
- Non è che me ne freghi molto - disse Tonino.
- Sapessi a me. E poi fa un freddo.
- Infatti.
- Che ore sono?
- Le 10, perché?

Teresa fece scivolare la mano nella tasca del giubbotto di Tonino.
- Andiamo a casa - disse.

*** Diego DE SILVA, 1964, scrittore, sceneggiatore, Vita di coppia col botto finale, 'RClub - la Repubblica',16 dicembre 2017 


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#MOSQUITO / Il bisogno di norme è dentro di noi (Carl Gustav Jung)

...anche uomini senza alcuna traccia di educazione morale diventano nevrotici e soffrono di angosce morbose. Inoltre la legge morale non è solo un male contro il quale ci si dovrebbe ribellare, ma una necessità prodotta dai più profondi bisogni dell’uomo. La legge morale non è altro che una manifestazione esteriore dell’impulso, innato nell’uomo, a reprimere e domare sé stesso. Questo impulso all’addomesticamento о alla civiltà si perde negli insondabili e oscuri abissi della storia dell’evoluzione, e non potrà perciò mai e poi mai venire considerato come la conseguenza d’un insieme di norme imposte dall’esterno. È l’uomo stesso che si è creato le sue leggi, obbedendo a un suo istinto. Perciò non possiamo capire i motivi dell’ansiosa repressione del problema sessuale nel bambino se teniamo conto solo degli influssi morali dell’educazione. I motivi reali sono radicati molto più profondamente nella natura stessa dell’uomo, nel suo sia pure tragico conflitto tra civiltà e natura, о tra coscienza individuale e sentimento collettivo.

*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Freud e la psicoanalisi, Opere IV, Bollati Boringhieri, edizione digitale, 2015


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#MUSICHE & TESTI / Solamente una vez (Charlie Haden)


Solamente Una Vez
di Augustìn LARA, 1900-1970
compositore messicano
Charlie HADEN, 1937-2014
contrabbassista statunitense
video 8min05

Solamente una vez
Amé en la vida
Solamente una vez
Y nada más
Una vez nada más
En mi huerto
Brilló la esperanza
La esperanza que alumbra el camino
De mi soledad
Una vez nada más
Se entrega el alma
Con la dulce y total
Renunciacion
Y cuando ese milagro realiza
El prodigio de amarse
Hay campanas de fiesta
Que cantan en el corazón
Y cuando ese milagro realiza
El prodigio de amarse
Hay campanas de fiesta
Que cantan en el corazón
Charlie Haden

Traduzione di Ermanno Tassi (Solo Una Voltaqui)
Solo una volta
Si ama nella vita
Solo una volta
E niente più
Una volta, niente più
Nel mio orto s’accese la speranza
La speranza che illumina il cammino
Della mia solitudine
Una volta, niente più
L’anima si consegna
Con la dolce e totale
Rinuncia
E quando si realizza questo miracolo
Il prodigio di amarsi
Nel cuore
Ci sono le campane che suonano a festa

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sabato 30 dicembre 2017

#IN_LETTURA / Henri Manguin, Henri Matisse, Paul Gustav Fischer, Will Eisner, Otto van Rees

 
Henri MANGUIN, 1874-1949
pittore francese
(via pinterest)

° ° °

Henri MATISSE, 1869-1954
pittore, scultore, incisore francese
(via pinterest)

° ° °
  
Paul Gustav FISCHER, 1860-1930
pittore danese
(via pinterest)

° ° °

Will EISNER, 1917-2005
fumettista statunitense
(via pinterest)

° ° °

Otto van REES, 1884-1957
pittore olandese
(via pinterest)

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#SPOT / Senza accento (Vera Gheno)

Vera GHENO
sociolinguista
«I dialoghi tra mia figlia (in bianco) e me (in verde).» 
Hashtag #figlidilinguisti
(facebook, 28 dicembre 2017, qui)

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#PUBBLICITA' VINTAGE / Aperol, Borsalino

Aperol
pubblicità di Lorenzo Mattotti
(via pinterest)

° ° °

Borsalino
pubblicità di Marcello Dudovich
(via pinterest)

° ° °

Borsalino
(via pinterest)
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#SGUARDI POIETICI / Aspettami ed io tornerò (Konstantin Michajlovič Simonov)

Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze.
Aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c’è caldo,
quando piú non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.

Aspettami ed io tornerò,
non augurare del bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono piú,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell’anima mia…
Aspettami. E non t’affrettare
a bere insieme con loro.

Aspettami ed io tornerò
ad onta di tutte le morti.
E colui che ormai non mi aspettava,
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto:
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro.

*** Konstantin Michajlovič SIMONOV, 1915-1979, scrittore e politico sovietico, Aspettami ed io tornerò, 1941, traduzione di Angelo Maria Ripellino, da Poesia russa del Novecento, Guanda, Parma, 1954, segnalato in 'poesia in rete', 26 dicembre 2017, qui


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#MUSICHE & TESTI / La verità (Brunori Sas)


BRUNORI sas
(Dario Brunori, 1977)
La Verità
dall'album A casa tutto bene
you tube 16 dicembre 2016
video 5min11

Te ne sei accorto, sì
Che parti per scalare le montagne
E poi ti fermi al primo ristorante
E non ci pensi più

Te ne sei accorto, sì
Che tutto questo rischio calcolato
Toglie il sapore pure al cioccolato
E non ti basta più

Ma l’hai capito che non serve a niente
Mostrarti sorridente
Agli occhi della gente
E che il dolore serve
Proprio come serve la felicità

Te ne sei accorto, sì
Che passi tutto il giorno a disegnare
Quella barchetta ferma in mezzo al mare
E non ti butti mai

Te ne sei accorto no
Che non c’hai più le palle per rischiare
Di diventare quello che ti pare
E non ci credi più

Ma l’hai capito che non ti serve a niente
Sembrare intelligente
Agli occhi della gente
E che morire serve
Anche a rinascere

La verità
È che ti fa paura
L’idea di scomparire
L’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà finire

La verità
È che non vuoi cambiare
Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
A cui non credi neanche più

La verità
È che ti fa paura
L’idea di scomparire
L’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà morire

La verità
È che non vuoi cambiare
Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
A cui non credi neanche più

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#MOSQUITO / Avere un'Itaca nel cuore e nella mente (Vito Mancuso)

Io sono convinto che questa vita sia per tutti un’odissea, ma che un conto sia avere un’Itaca nel cuore e nella mente, un altro l’esserne privi. Si può vivere senza Itaca? Ognuno risponda da sé, io vedo che alcuni vi riescono senza problemi e senza patemi, anzi, persino con un senso accresciuto di leggerezza e di libertà. Quanto a me, non vi riesco: spesso mi ritrovo a tendere verso di essa, verso ciò che sento come la mia patria lontana, e avverto altresì che se la sua nostalgia in me si dovesse spegnere cessando di accompagnare i miei passi, mi spegnerei anch’io, diventerei grigio, poi sempre più scuro, fino alla completa assenza di luce interiore, fino al cinismo che sa solo di cenere, un buco nero in forma umana, cui purtroppo talora gli esseri umani possono ridursi.

*** Vito MANCUSO, teologo e saggista, Il bisogno di pensare, Garzanti, 2017.
https://it.wikipedia.org/wiki/Vito_Mancuso


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#SPOT / Supersize Liberty (Giacomo Cardelli)

Giacomo CARDELLI, 1977
Supersize Liberty
cartoonmovement, 25 gennaio 2013, qui

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#FUMETTI / Cerco di migliorarmi (Charles M. Schulz)

Charles SCHULZ, 1922-2000
fumettista statunitense
(via pinterest)


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#SGUARDI POIETICI / Brina (Gottfried Benn)

Qualcosa si è dissolto
dalle arie nebulose e di notte
è cresciuto come un’ombra bianca
lungo l’abete, l’albero, il bosso.

E risplendeva come il morbido
bianco che cade delle nubi,
e redimeva in silenzio un mondo buio
tramutandolo in pallida bellezza.

*** Gottfried BENN, 1886-1956, poeta, scrittore, saggista tedesco, Brina, traduzione di Paola Quadrelli, in “Poesia”, Anno XV, Gennaio 2002, N. 157, Crocetti Editore, segnalato in 'poesia in rete', 20 dicembre 2017, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Gottfried_Benn


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Testo originale (Rauhreif)
Etwas aus den nebelsatten
Lüften löste sich und wuchs
über Nacht als weißer Schatten
eng um Tanne, Baum und Buchs.

Und erglänzte wie das Weiche
Weiße, das aus Wolken fällt,
und erlöste stumm in bleiche
Schönheit eine dunkle Welt.

Gottfried Benn, da Gesammelte Werke in vier Bänden: Bd. Gedichte, Limes Verlag, 1960

#MOSQUITO / Conoscere sé stessi (Carl Gustav Jung)

Arrovellarsi è un’attività sterile e fine a sé stessa, che non giunge mai a una meta ragionevole. Non è un lavoro, ma una debolezza e addirittura un vizio. Tuttavia, specialmente quando non ci si sente a posto, è pienamente legittimo fare di sé stessi l’oggetto di una seria indagine, come è possibile esaminare seriamente la propria coscienza senza con questo cadere nel lassismo morale. Chi è nei guai con sé stesso, chi sente di avere bisogno di migliorare, chi – in breve – vuole “crescere”, deve assolutamente fare i conti con sé stesso. Se la persona non si modifica anche internamente, i cambiamenti esterni della situazione sono irrilevanti o addirittura dannosi. Non basta che uno salti su, si dia un tono solenne e proclami: “Mi assumo la responsabilità!” In un caso del genere, non solo gli altri, ma anche il destino vorrebbe sapere chi promette questo grande passo e se è qualcuno che è anche in grado di assumersi la responsabilità. Di parlare, com’è noto, sono capaci tutti. Non è l’incarico che fa l’uomo, ma è l’uomo che crea il suo lavoro. Cercare di conoscere sé stessi, magari con l’aiuto di una o più persone, è perciò – o piuttosto dovrebbe essere! – l’indispensabile premessa per assumersi un dovere più alto, fosse anche solo quello di realizzare il senso della vita individuale nella miglior forma possibile e nella dimensione più ampia possibile; quel che la natura fa sempre, ma senza quella responsabilità, che invece è il compito divino e ineludibile dato in sorte all’uomo.


*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Un colloquio con Carl Gustav Jung sulla psicologia del profondo e la conoscenza di sé, in La vita simbolica, Opere 18, Bollati Boringhieri, edizione digitale, 2015
https://it.wikipedia.org/wiki/Carl_Gustav_Jung


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#MUSICHE & TESTI / A modo tuo (Luciano Ligabue)


A modo tuo, 2015
Luciano LIGABUE, 1960
compositore, cantautore
(video 4min26)

Sarà difficile diventar grande 
Prima che lo diventi anche tu 
Tu che farai tutte quelle domande 
Io fingerò di saperne di più 
Sarà difficile 
Ma sarà come deve essere 
Metterò via i giochi 
Proverò a crescere

Sarà difficile chiederti scusa 
Per un mondo che è quel che è 
Io nel mio piccolo tento qualcosa 
Ma cambiarlo è difficile 
Sarà difficile 
Dire tanti auguri a te 
A ogni compleanno 
Vai un po' più via da me

A modo tuo 
Andrai, a modo tuo 
Camminerai e cadrai, ti alzerai 
Sempre a modo tuo

Sarà difficile vederti da dietro 
Sulla strada che imboccherai 
Tutti i semafori 
Tutti i divieti 
E le code che eviterai 

Sarà difficile 
Mentre piano ti allontanerai 
A cercar da sola 
Quella che sarai

A modo tuo 
Andrai, a modo tuo 
Camminerai e cadrai, ti alzerai 
Sempre a modo tuo 

Sarà difficile 
Lasciarti al mondo 
E tenere un pezzetto per me 
E nel bel mezzo del tuo girotondo 
Non poterti proteggere 

Sarà difficile 
Ma sarà fin troppo semplice 
Mentre tu ti giri 
E continui a ridere

A modo tuo 
Andrai, a modo tuo 
Camminerai e cadrai, ti alzerai 
Sempre a modo tuo

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giovedì 28 dicembre 2017

#ANIMALI / Gufi e farfalle

(via pinterest)

° ° °

(via pinterest)

° ° °

(via pinterest)

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#SGUARDI POIETICI / Non ti perderò per sempre (Umberto Crocetti)

Non ti perderò per sempre, 
avrò per te, lo sai, un dolore calmo,
un abbraccio inconsueto, un sogno
mai concluso.

Non ti cercherò tra le ombre, 
mi stupirò, semmai, del tuo
silenzio, quando un’eco smarrita
di memoria riporterà quel tuo
gioco di labbra.

Io resto. Sulle colline il grano già 
matura, ruba luce al tramonto,
chino il capo, alle mie spalle gocciola
un respiro.

Mi volto, quasi a cercare la tua assenza, 
vedo quel vento smuovere le spighe, 
spingo avanti il mio passo e dentro il petto
tintinna il suono
della tua cavigliera.

*** Umberto CROCETTI, 1958, medico e poeta, Non ti perderò per sempre, da Il Canto delle Bambole, Edizioni Masso delle Fate, 2009, in blog ‘Poesia e altro’, 23 aprile 2012, qui
Anche in 'losguardopoIetico', n. 321, 20 maggio 2014


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#EX LIBRIS / Un uomo puramente animale sarebbe una creatura meravigliosa (David Herbert Lawrence)

Ma mi sembra che ci sia qualcosa oltre all'intelligenza e alla simpatia. Forse è l' animalità. 
Viviamo sulle riserve, ormai, come il cammello quando vive di ciò che ha nella gobba. La vita non scorre in noi, come in St. Mawr, che pure è un animale domestico. 
Non mi fraintendere. Non vorrei mica essere un animale come un cavallo, un gatto, una leonessa, benché essi mi affascinino, con la loro vita piena, diretta, senza bisogno di attingere continuamente ai vecchi serbatoi come facciamo noialtri. Non ammiro l'uomo delle caverne, io. Ma pensa se si potesse attingere la nostra vita direttamente alle sorgenti come gli animali, e allo stesso tempo esser noi.
Tu stessa, tu non li ami, gli uomini. Dici che sono troppo animali. Ma non lo sono affatto. In loro l'animalità si è fatta perversa, o è sottomessa, umile, addomesticata come nei cani. Non c'è un uomo che sia un superbo animale vivente... E hanno smesso di pensare veramente. E sai, mamma, gli uomini smettono di pensare veramente quando è morto in loro l'ultimo avanzo dell'animale selvaggio. 
«Perché c'è l'intelligenza...»
«Ma non c'è più l'intelligenza, dal momento che siamo addomesticati, mamma. Si tratta di comari che lavorano all'uncinetto con le parole, ecco.»
«Ma che vuoi, Luisa? Vorresti l'uomo delle caverne che ti prendesse a colpi di clava sulla testa?»
«Non essere così sciocca, mamma. Metti fuori il tuo subcosciente, a questo modo, tu che sei una fanatica dell'Intelligenza. L'uomo delle caverne non è niente affatto un vero animale umano. È un bruto, un degenerato. Mentre un uomo puramente animale sarebbe qualcosa di adorabile come un cervo o un leopardo, e brucerebbe di una fiamma interiore. Sarebbe una creatura meravigliosa che emanerebbe silenzio e invisibile stupore intorno a sé come le pernici quando corrono sotto le stoppie. 
Sarebbe tutti gli animali a volta a volta, invece di questa cosa monotona, automatica che è ora, e che deprime tanto i nervi

*** David Herbert  LAWRENCE, 1885-1930, poeta, scrittore, drammaturgo, saggista, pittore inlese, St. Mawr, 1925, Elliot editore, 2017, segnalato da Laura De Carolis, Jung Italia psicologia complessa , 24 dicembre 2017, qui


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#SENZA_TAGLI / Dal dubbio doloroso al dubbio costruttivo (Vera Gheno)

Avrò chiuso bene la porta di casa? Avrò staccato il ferro da stiro? Avrò finito tutte le incombenze del giorno? Farò in tempo ad arrivare al lavoro nonostante il traffico? Avrò studiato a fondo il problema linguistico di cui mi sto occupando, o mi sono dimenticata di qualche fonte che dovevo consultare per forza? Avrò considerato tutte le variabili? Ci sarà modo di saperne di più su questa cosa? Avrò per sbaglio offeso qualcuno con la mia decisione? Ho forse usato le parole sbagliate? Sarò attaccabile per quello che ho detto? Sarà attendibile questa fonte? L'avrà fatto perché mi vuole bene, o c'è dietro un secondo fine?

Dubbi, dubbi, dubbi perenni. Mai come quest'anno, la mia vita è stata costellata di dubbi. Dai piccoli dubbi quotidiani ai grandi dubbi esistenziali, nel 2017 ho dato fondo a tutta la mia dubbiosità. Ho dubitato di me, della mia memoria, della mia capacità analitica, degli altri, delle fonti da me consultate, dei miei maestri, ho dubitato delle mie competenze, della mia capacità di superare i traumi, della possibilità di essere felice, della serietà delle mie tristezze quando equiparate a quelle altrui. Ho davvero, davvero messo in dubbio ogni cosa.

Ma alla fine ho capito una cosa: quando non avevo dubbi non è che fossi più felice o più serena. Semplicemente, avevo un campo visivo più limitato. Ero tranquilla perché il piccolo appezzamento in cui avevo scelto di trascorrere la mia esistenza aveva alte e spesse mura che mi facevano sentire al sicuro, impedendomi di vedere il resto.

E adesso? Quando ho deciso di oltrepassare quei muri, mi sono resa conto che stavo scoprendo cose nuove ogni volta che dubitavo di quanto fino a quel momento avevo dato per scontato.

Sto cercando di spogliarmi dei "Si fa così perché si è sempre fatto così", dei "A scuola mi hanno insegnato questo", dei "Non posso accettare che sia cambiato dai miei tempi a ora", dei "Me l'ha detto una persona affidabile", ma anche dei "Fidati, io lo so bene perché studio questa cosa da vent'anni" e dei "Lei non sa chi sono io".

Sto imparando, invece, a farmi sempre domande, a cercare di capire quando vengo manipolata, a vedere oltre la prima, sacrosanta reazione di pancia. Sto imparando che ogni dubbio, ogni piccola delusione, ogni situazione in cui capisco di non sapere o di non saperne abbastanza, sono delle spinte a cercare di saperne di più. Sto anche imparando che non ne saprò mai abbastanza, delle cose del mondo. Lifelong learning, lo chiamano.

Non è facile per niente, ma ci provo, ogni giorno.

Il 2017 è stato l'anno del dubbio doloroso. Che il 2018 sia l'anno del dubbio costruttivo. 
#staydubbiosi

*** Vera GHENO, sociolinguista, facebook, 24 dicembre 2017, qui


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mercoledì 27 dicembre 2017

#SGUARDI POIETICI / M'incontrano parole (Pier Luigi Amietta)

Come vespe impazzite
m'incontrano parole
disciolte senza ormeggi,
mescolate nel vento,
vortici di frammenti
di brandelli di vita.
E sguardi sconosciuti
mi saettano angoscia.
O forse indifferenza.

*** Pier Luigi AMIETTA, manager, esperto di formazione, saggista, poeta, M'incontrano parole, da Per Luigi Amietta, Ombre. Poesismi settenari, Odissea Edizioni, 2017.


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#LIBRI PIACIUTI / "Le tre del mattino", di Gianrico Carofiglio (recensione di M. Ferrario)

Gianrico Carofiglio, "Le tre del mattino"
Einaudi, 2017
pagine 165, € 16,50, ebook € 8,99

Padre-figlio, la nascita di un rapporto
Un padre cinquantenne, docente di matematica, separato, e un figlio liceale, abituato ad una vita timida e appartata, per lo più trascorsa in casa con la madre, si trovano costretti a passare due giorni e due notti insieme, senza dormire, a Marsiglia. E per la prima volta scoprono se stessi agli occhi dell'altro, trovando una relazione che non avevano mai avuto.

Una scrittura sobria, eppure intensa; un'attenzione minuta, e calda, ai due protagonisti e ai piccoli fatti banali che accadono in un tempo per la prima volta condiviso; uno sguardo psicologico leggero, però mai superficiale, che annota con precisione rigorosa ma partecipe avvenimenti esteriori e interiori; un ritmo lento, eppure mai noioso, che sa rispettare lo svilupparsi dei nuovi sentimenti che crescono in questa coppia fino a quel momento poco più che anagrafica.
Sono questi i tratti principali del nuovo romanzo di Gianrico Carofiglio, che ci fa assistere, come fossimo in sala parto, alla nascita di un rapporto padre-figlio finalmente 'sentito', nel quale ambedue, rispecchiandosi, scoprono tratti comuni inattesi e vivono emozioni mai provate.

Siamo abituati a conoscere Carofiglio nella sua veste di 'giallista', peraltro di meritato successo. L'uscita dal campo narrativo consueto è sempre un rischio: per l'autore e per il lettore, in questo caso entrambi abituati alla struttura definita e rassicurante del poliziesco.
La prova è più che riuscita.
Unica pecca del racconto è che le pagine 'volano': sia perché il romanzo è oggettivamente breve, sia perché lo stile dell'autore, così tranquillamente avvolgente nel dosare azione e sentimenti e capace di costruire un'atmosfera emotivamente invogliante, spinge a non posare il libro. Il risultato sono due ore di dolce, e a tratti commosso, godimento.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura
«
Mi voltai verso di lui. – Osservando voi adulti, penso spesso che siate intrappolati da cose di cui non vi importa niente. Come succede? Quando succede?6
Si tirò su, passando dalla posizione distesa alla posizione seduta, con la schiena appoggiata alla testiera del letto. Chiuse la guida, dopo aver piegato un angolo della pagina che stava leggendo per tenere il segno.
– Stabilire quando è impossibile. Non è il risultato di una discontinuità improvvisa, succede un giorno dopo l’altro, come per effetto di uno smottamento che a volte è impercettibile. Te ne accorgi dopo anni. Ti carichi di cose superflue, intendo oggetti, impegni, relazioni personali e tutte queste cose diventano altrettanti fili invisibili che ti avviluppano sempre di più, appunto un giorno dopo l’altro, come una ragnatela.
Mi tirai su anch’io, con un movimento identico al suo di poco prima. Poggiai sul letto il mio libro, aperto, con la copertina bianca rivolta verso l’alto.
– Se uno ne è consapevole, perché non fa niente per liberarsene?
– La trappola è questa, appunto. Lo sai che stai sprecando gran parte del tuo tempo in cose inutili, eppure non riesci a tirarti fuori. (Gianrico Carofiglio, "Le tre del mattino", Einaudi, 2017)

– Che hai detto?
Balikwas. È una parola tagalog, la principale lingua delle Filippine. È difficile da tradurre. Significa qualcosa come: saltare all’improvviso in un’altra situazione e sentirsi sorpreso, cambiare il proprio punto di vista, vedere cose che credevamo di conoscere in un modo diverso.
– Fino a due giorni fa io non conoscevo mio padre, – mormoro senza pensarci su. – Questo è balikwas.  (Gianrico Carofiglio, "Le tre del mattino", Einaudi, 2017)
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#VIDEO / Felicità (Daniel Lumera)


Daniel LUMERA (Giovanni Andrea Pinna), 1975
saggista, formatore
esperto nell'area della scienza del benessere e della qualità della vita
La felicità
youtube, Daniel Lumera, 2 febbraio 2017
video 2min23

Felicità non è fare né avere, ma consapevolezza dell'essere...

#SENZA_TAGLI / Se continui a essere disponibile per tutti (Omar Montecchiani)

Se continui ad essere disponibile per tutti, per qualunque cosa e in ogni momento della giornata, anche quando sei in vacanza, alimenterai subdolamente in te l'idea che ogni impegno sia urgente e improcrastinabile, e darai agli altri l'impressione di poterti chiederti qualsiasi piacere ad ogni istante. In altre parole ti sentirai sempre in affanno, avrai la sensazione di non avere mai tempo e di non poterlo impiegare per un ozio creativo, e le persone che avranno a che fare con te si arrogheranno il diritto di pretendere il tuo tempo. Sembrerai ai loro occhi o una persona disponibile oltre misura e generosissima, oppure un fesso. O entrambe le cose. Educarsi al rispetto di se stessi significa educare le proprie relazioni e farsi rispettare. Significa sentirsi in dovere di proteggere se stessi, e riuscire finalmente a dire: "oggi non ci sono per nessuno: oggi voglio stare con me, completamente e incondizionatamente".

*** Omar MONTECCHIANI, 1978, counselor, facebook, 21 dicembre 2017, qui

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martedì 26 dicembre 2017

#CARTOLINEdiNATALE / Tasha Tudor

Tasha TUDOR, 1915-2008
illustratrice statunitense
(via pinterest)

° ° °

Tasha TUDOR, 1915-2008
illustratrice statunitense
(via pinterest)

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Tasha TUDOR, 1915-2008
illustratrice statunitense
(via pinterest)

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