domenica 17 dicembre 2017

#MOSQUITO / Oriente, e l'imitazione occidentale (Carl Gustav Jung)

Un antico adepto diceva: “Se l’uomo sbagliato si serve di mezzi giusti, allora il mezzo giusto agisce in modo sbagliato.” Questa massima cinese, disgraziatamente fin troppo vera, sta nel più stridente contrasto con la nostra cieca fiducia nel “giusto metodo” a prescindere da chi lo applica. In realtà, in queste cose tutto dipende dall’uomo e poco o nulla dal metodo. Il metodo traccia solo la via e la direzione, mentre i modi del comportamento sono poi espressione fedele della propria natura. Quando questo non si verifica, il metodo si riduce allora a una mera affettazione, a una nozione superflua e artificiale, priva di radici e insulsa, che serve al fine illegittimo di mascherarsi. Diventa un mezzo per ingannare sé stessi e per sfuggire alla legge forse spietata della propria natura. Tutto ciò ha poco o nulla a che fare con la genuinità e intima coerenza del pensiero cinese; al contrario è un tradir sé stessi per dèi stranieri e impuri, un pavido artificio per usurpare una superiorità spirituale, insomma una rinuncia alla propria natura che contrasta profondamente con il senso del “metodo” cinese. Tali conoscenze, infatti, hanno origine da una forma di vita, la più compiuta, autentica e coerente, cioè da quella arcaica vita culturale cinese che si è sviluppata in relazione logica e indissolubile con gli istinti più profondi. Vita che per noi rimane ormai per sempre lontana e inimitabile. 
L’imitazione occidentale si riduce a una tragica incomprensione della psicologia orientale ed è inoltre sempre così sterile come le moderne fughe nel Nuovo Messico o nelle isole beate dei Mari del Sud, o nell’Africa centrale dove si gioca con la massima serietà a fare i “primitivi”, fughe che servono all’uomo civilizzato occidentale per sottrarsi nascostamente ai compiti che gli spettano, al suo hic Rhodus hic salta. Non di questo si tratta dunque, non di imitare in modo disorganico un mondo straniero, o men che meno di fare i missionari, ma piuttosto di riedificare nella sede sua propria la cultura occidentale sofferente di mille malanni, e condurvi il vero europeo, nella sua quotidianità occidentale, con i suoi problemi coniugali, con le sue nevrosi, i vaneggiamenti sociali e politici, e con le sue sbigottite incertezze riguardo a una visione del mondo.

*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Perché all'europeo riesce difficile capire l'Oriente, in Studi sull'alchimia, Opere 13, Bollati Boringhieri, edizione digitale, 2015


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